L’eterno dilemma

Settembre 08, 2016 | Lotto

Questo articolo vuole essere una risposta collettiva alle decine di quesiti posti dagli utenti e che abbiamo identificato come “l’eterno dilemma”: giocare o no i numeri ritardatari?
Dal lontano 1939, quando il gioco assunse il suo aspetto classico delle 10 ruote, poi modificato nel 2005 con l’introduzione della Ruota Nazionale come undicesima stazione, milioni di scommettitori hanno analizzato, studiato, elaborato le frequenze e le assenze degli estratti. In tanti hanno cercato una soluzione alla ancora irrisolta domanda: ma si può per davvero stabilire o prevedere “quando” un dato numero sarà estratto?
Se dovessimo illudere chi ci legge potremmo rispondere affermativamente. Ma, come sempre, ci corre l’obbligo di essere coerenti con quello che, da sempre, è il nostro pensiero al riguardo.
Razionalmente parlando non vi è alcun parametro certo, nessun criterio logico che possa determinare, se non con certezza ma almeno con una ragionevole e credibile probabilità, la sortita di un numero. E’ come se volessimo prevedere, in una giornata di pioggia, “quante gocce” cadranno su una determinata superficie di terra. Come è facile intuire, la cosa dipenderebbe da svariati parametri non misurabili ne prevedibili (velocità del vento, quantità di vapore acqueo condensata nelle nuvole, grandezza delle gocce, etc.).
Quando si dice che “statisticamente” un dato numero è prossimo ad uscire cosa significa?
Il termine “statisticamente” viene usato per dire che, sulla scorta delle analisi retrospettive condotte, quel numero si è presentato dopo tot estrazioni, non in virtù di una precisa regola matematica, ma solo e soltanto in base ad un criterio di casualità che ne ha determinato l’assenza tra gli estratti per quel dato periodo di ritardo accumulato.
Ne possiamo “giustificare” quell’evento appellandoci ai criteri di compensazione di un periodo di iperfrequenza precedentemente manifestato da quel numero perché 9 volte su 10 un numero, prima di iniziare la sua “carriera di ritardatario” non presenta un ciclo di uscite frequenti ma è regolarmente comparso, con frequenza di uscita nella media.
Pertanto, sia per la nostra formazione come studiosi degli eventi legati ai 90 numeri, sia per un concetto di razionalità e logicità che abbiamo da sempre condiviso, non possiamo certamente “parteggiare” per il gioco sui numeri ritardatari, e come conseguenza non lo condividiamo affatto.
Anni fa, all’inizio della nostra carriera, ci dedicammo per qualche annetto al tentativo di “codificare” delle regole o dei criteri di selezione che potessero, in qualche modo, giustificare razionalmente il gioco dei ritardatari. I nostri studi ci portarono “solo” alla individuazione di un criterio di stima mediale del fenomeno con qualche buon risultato ma, comunque, ben lontano da quelli conseguiti con lo studio della ciclometria.
La sostanziale differenza, pertanto, noi la identifichiamo nel fatto che, in ciclometria, fermo restando che neanch’essa garantisce la assoluta certezza dell’esito positivo, al ripetersi di una determinata struttura armonica, l’evento positivo tende a manifestarsi con credibile frequenza. Nel gioco basato sui ritardi, invece, niente e nessuno ci può dire che, passate ad esempio 80, 90 o 100 estrazioni, il ritardatario uscirà.
E nemmeno si può ragionevolmente stabilire un ciclo di gioco fondato su qualche parametro scientifico, mentre in ciclometria, di solito, si riesce a definire un ciclo di tot estrazioni in cui l’evento atteso andrà a manifestarsi. In conclusione, l’amletico e shakespeariano dubbio del “giocare o non giocare”, ha per noi una chiara risposta: ne facciamo volentieri a meno.
Invito quanti non condividessero il nostro credo a chiedersi come mai, quando in base ad un procedimento ciclometrico si individua un dato numero da porre in gioco su una o due ruote, questo numero, spesso e volentieri, si manifesti proprio “solo” su quella/e ruota/e e non nelle altre e nel ciclo di gioco che viene identificato proprio dal metodo in questione. E siccome la cosa si ripete con incredibile regolarità è intuibile che la “regola” da cui si genera quella previsione è di gran lunga più credibile di qualsiasi calcolo sviluppato e sviluppabile sui ritardatari.
Il gioco sui ritardatari è stato da sempre incoraggiato dal banco (lo stato) in quanto consente l’incasso di ingenti masse di denaro a fronte di sporadici pagamenti, ovviamente il tutto rapportato ad un lasso di tempo in cui “il numero ritardatario” nasce, cresce e si sviluppa come fenomeno atteso.
Immaginiamo un gruppo di 10 scommettitori che, mettiamo il caso, cominci a seguire un numero ritardatario a partire dal momento in cui esso ha maturato le 100 settimane di assenza. I nostri 10 amici cominciano con il giocare 10 euro. Stante la quota pagata dal banco, dopo 10 settimane azzererebbero l’ipotetico vantaggio iniziale che avevano, ovvero guadagnare qualcosa rispetto al capitale impiegato. Ma il ritardatario non esce e quindi, a partire dall’11° colpo, dovranno adeguare forzatamente la posta aumentandola a 12 euro: in pratica per ogni colpo di gioco successivo dovranno, pena la remissione rispetto al capitale totale impiegato, adottare una progressione di puntate come quella che di seguito riportiamo:

La tabella prevede una progressione per 40 colpi. In verde sono evidenziati i primi 10 colpi in cui lo scommettitore gode del vantaggio sul banco di non dover incrementare il proprio “rischio” a fronte della possibilità di conseguire un discreto utile (che si assottiglia man mano che passerà il tempo). In giallo, invece, sono evidenziati i successivi 30 colpi dove il rischio andrà gradatamente ad aumentare a fronte del conseguimento di un “misero” utile oltre al recupero della posta. La domanda che bisogna porsi è la seguente: quanti di quei 10 scommettitori sarà in grado di sostenere economicamente (tenendo conto che, ad esempio, alla tredicesima settimana, ovvero per i colpi 37, 38 e 39 bisognerà spendere 161+178+197 = 485 euro) il gioco per i 40 colpi che abbiamo ipotizzato? Come si regolerà lo scommettitore che, arrivato ad un certo punto del suo “inseguimento al ritardatario” non sarà più in grado di sostenere il gioco? Rinuncerà o sarà costretto a ridurre le puntate continuando il gioco con l’obiettivo di recuperare almeno parte del capitale impiegato? In entrambi i casi il banco avrà vinto e lo scommettitore avrà comunque perso.

E di quei 10 giocatori iniziali, quanti saranno in grado di continuare oltre il quarantesimo colpo e per quanti altri colpi ancora potranno economicamente sostenere il gioco? Ed ancora, il rischio vale la candela (visto che comunque parliamo di un utile risicato)?

Statisticamente parlando (adesso si che il termine assume valore credibile) di quei 10 giocatori solo 3 andranno oltre (a meno che non ci si trovi in presenza di milionari o di persone afflitte da dipendenza al gioco) e tra essi 2 mireranno a recuperare parte del capitale impiegato non potendo comunque economicamente supportare la progressione.

I 2.072 euro del capitale inevitabilmente perso dai 7 che abbandonano il gioco, unito a quello perso (e che verrà perso) dagli altri 2 che continueranno per recuperarne una parte, bilancia abbondantemente quello che (sempre ipoteticamente parlando) sarà vinto dall’unico giocatore che coronerà il suo inseguimento con la sortita del ritardatario.

Ora immaginate le decine di migliaia di persone che, ancora oggi, inseguono i numeri ritardatari, aggiungendovi anche una serie di varianti (quali la non corretta informazione, il sistematico “raddoppio” delle poste, etc.), quale volume di entrate garantisca al banco a fronte di un rischio (esiguo) di “pagare” qualche milione di euro quando un ritardatario termina la sua corsa.

E se pensate che quel che abbiamo scritto non sia vero vi invitiamo a fermarvi un’ora nella vostra ricevitoria ed osservare le persone che giocano: ve ne renderete conto personalmente.

Premettiamo che la nostra non vuole essere una “filippica” contro chi pratica questo gioco e ribadiamo che è solo e soltanto il nostro pensiero al riguardo del gioco dei ritardatari.

D’altronde come recita un aforismo di Seneca il Vecchio “ognuno è libero di morire come meglio crede”.